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I relatori affronteranno il tema della diversità delle superfici implantari in termini di adesione batterica con un focus on sulle nuove generazioni di impianti ibridi. Quello che ci si aspetta da questa sessione è comprendere se le diverse superfici implantari giochino un ruolo nell’instaurarsi della perimplantite. Il successo a breve termine degli impianti dipende, soprattutto, dalla loro stabilità primaria, quindi dall’assenza di movimento degli stessi subito dopo il posizionamento chirurgico. Spesso, la stabilità primaria viene associata al concetto di torque di inserimento, sebbene le due cose differiscano tra loro. Il disegno implantare può essere descritto nelle sue caratteristiche macro o microscopiche. Pertanto parleremo di passo della spira, forma del corpo implantare, disegno della spira, disegno del collo implantare, ma anche di topografia e trattamenti di superficie. Le prime due decadi della storia degli impianti sono state dominate principalmente da due tipi di superfici:
a) l’impianto in titanio di Brånemark con una superficie lavorata piuttosto liscia;
b) l’impianto di Schroeder rivestito con tecnica plasma spray, pertanto piuttosto ruvido e micro- poroso.
Eccezion fatta per l’impianto ceramico Tubingen rivestito di ossido di alluminio, tutto tacque fino agli anni Novanta quando Buser e colleghi portarono avanti una serie di studi pre-clinici sull’influenza delle caratteristiche di superficie in termini di formazione ossea. Ebbene, i risultati migliori furono ottenuti dalla superficie in titanio trattata con sabbiatura a grana grossa e successiva mordenzatura. Un nuovo capitolo è stato aperto negli ultimi anni dall’introduzione in commercio di impianti così definiti “Ibridi”, caratterizzati da una superficie ruvida apicale e una superficie macchinata coronale.
Esistono dei reali vantaggi nell’utilizzo di questo tipo di impianti?
Quali sono le terapie elettive nel mantenimento di questi impianti allo scopo di ottenere un successo a lungo termine?